Dichiarazioni, indiscrezioni e smentite. Si è parlato parecchio di Radiodue nel corso degli ultimi giorni, riguardo le intenzioni ripulitorie del nuovo direttore artistico di RadioRai Carlo Conti, che sono state poi cancellate dalla pubblicazione dei palinsesti.
Avevo già preparato un post sull’argomento, anzi un “battibecco” come si dice da quelle parti, per Oca Nera Rock, ma prima ancora che finisse online è stato superato dai fatti. Ma siccome ne ero e ne sono stilisticamente soddisfatto, lo pubblico qui rianimando questo spazio polveroso. Consideriamolo un post “di fantasia”.
Introduzione medio-lunga sul panorama radiofonico italiano
Per (loro) fortuna, da quest’anno il canone RAI ce lo si trova addebitato in bolletta. Perché grazie alla rivoluzione in casa RadioRai che si sta profilando in questi giorni, per mano del neo-direttore Carlo Conti, mi sentirei pienamente titolato a non pagarlo, in aperta polemica con le sciagurate decisioni sin qui trapelate.
Da quando ascolto la radio, cioè praticamente da sempre, sono alla ricerca di stazioni in cui chi parla abbia qualcosa di interessante da dire, e chi propone musica abbia qualcosa di interessante da proporre. Le emittenti generaliste sono estremamente insoddisfacenti, con il loro barcamenarsi tra musica per niente selezionata e speaker che sfornano banalità a livello bar, o Facebook che dir si voglia. A tratti posso salvare Deejay (un paio di trasmissioni, non di più), se non so dove sbattere la testa ci sono sempre il rock di bocca buona di Virgin, di una semplicità a volte imbarazzante ma comunque meglio del vuoto di certa concorrenza, oppure il passatismo di Capital, anch’esso all’insegna del “ti piace vincere facile” ma passabile e supportato da un discreto livello di conversazione. Da evitare come la peste i colossi che vanno per la maggiore, il populismo di 105 come l’italianamedietà dichiarata di RTL 102.5 e RDS, ci sono alcune isole felici nel panorama locale, da Radio Rock (che chiaramente dalle mie parti non arriva) a Birikina, emittente del Nord Italia che passa in scioltezza da The Who ad Al Bano a Bobby Solo, una ventata di cultura pop tra il trash e l’essai.
Riflessione generale sulla radio pubblica e sul nuovo direttore
E poi c’è il Servizio Pubblico.
Ho scoperto RadioRai in età piuttosto avanzata, la consideravo per preconcetto roba da adulti/vecchi, e non è che mi sbagliassi troppo. Ma pur consapevole che non stessimo parlando della BBC, quel che ho trovato mi è piaciuto molto, un prodotto di qualità e ben strutturato, distante dalla mediocrità e culturalmente appagante. Se RadioUno è votata all’informazione e RadioTre lontana dai mie standard, apprezzandone comunque la missione, e a parte la fruizione da vero e vecchio automobilista serio di Isoradio, che oltre alle informazioni di servizio nelle ore notturne a volte regala perle insospettabili, la mia stazione pubblica e non solo di riferimento da qualche anno è questa parte è RadioDue.
Ed è su RadioDue che il simpatico presentatore toscano Carlo Conti ha deciso di accanirsi, dopo essere stato nominato direttore artistico sulla base di un’esperienza radiofonica da disc jockey negli anni 80 che pure mio padre, mio zio e l’addetto al banco gastronomia dell’Esselunga possono vantare.
I palinsesti non sono ancora stati svelati, le notizie dunque rimbalzano tra interviste allo stesso Carlo Conti, indiscrezioni trapelate e autocertificazioni di morte da parte di alcune trasmissioni che sono passate sotto la scure del responsabile di uno dei Festival di Sanremo più noiosi degli ultimi anni.
L’obiettivo del nuovo corso pare chiaro ed è stato pure dichiarato apertamente, sebbene scopiazzato palesemente da Boris: “Vivalammerda!”, perché “La qualità c’ha rotto il cazzo”. Cosa vuole l’ascoltatore radiofonico medio? Honestà! Honestà! Anzi no, mediocritàh! E noi gliela appioppiamo, dato che costa poco ed è facilissima da confezionare. Aspetta, Carlo, ma ci sono seicento radio private che fanno la stessa cosa da anni, con successo e competenza nel settore, non rischiamo di far diventare RadioRai un doppione? Ma se il mercato è quello, noi su quello puntiamo, su una radio che ti fa compagnia senza farti pensare, che ti rassicura con quel che conosci e non ti ammorba con le novità che fanno paura, che vuol diventare una televisione senza immagini per un pubblico poco qualificato.
Viva RadioDue! Vivalammerda!
Ringraziando Dio che John Peel sia già passato a miglior vita, ché se fosse stato vivo e avesse lavorato a RadioDue, Carlo Conti lo avrebbe spedito ai giardinetti o al massimo relegato a condurre uno spazio di cinque minuti dopo il GR2 nel weekend, i nomi sin qui sacrificati sono tre, la frangia estrema dell’innovazione.
La frattura con Lillo e Greg e la cancellazione, ancora non troppo chiara in realtà nel metodo, di “610” ha scatenato un’insurrezione popolare, ma pur non condividendola la posso considerare vagamente comprensibile, trattandosi di un programma comico demenziale di stampo poco radiofonico e che durava da più di un decennio (e comunque a me faceva ridere, ora vediamo se ci si inventa qualcosa di simile a Lo Zoo di 105).
Un habitué delle epurazioni è Matteo Bordone, che già ai tempi di Condor in compagnia di Luca Sofri era stato cassato da RadioDue, e questa cosa aveva provocato in me un senso misto di sgomento, rabbia, tristezza e non voglia di pagare il canone. La trasmissione “MU” offriva, per un’ora due volte a settimana, musica guidata da un filo logico e da un ragionamento di fondo, a volte delirante, tra il molto vecchio e il molto nuovo, il tutto condito dalla simpatica logorrea del barbuto e occhialuto conduttore. Ma la gente vuole forse questo? Ah no? E cosa vuole la gente allora? Ah, sì, lammerda. Vivalammerda!
Non ho mai nutrito grande simpatia per Carlo Pastore, non ho problemi a dichiararlo. L’ho sempre visto come un furbetto, uno che segue il trend e l’hype, che prende quel che è dichiarato figo dalle voci più quotate e lo riporta in un contesto più ampio, e graziarcazzo che sono capace anche io di fare le cose giuste in questo modo, caro il mio Parlo Castore. Però gli si deve rendere il merito di dare spazio a ciò che raramente trova visibilità mainstream, su un canale nazionale e ad orari non notturni. “Babylon” strizza l’occhio un po’ ovunque, ma esce dagli schemi e offre una prospettiva della musica che è diversa da quella tipicamente di casa nostra, un respiro più anglofono, di certo pretenzioso ma è uno scotto che si può pagare e sopportare. Non possiamo essere allo stesso tempo belli, simpatici e intelligenti, ci adattiamo e ascoltiamo con piacere. Però anche questo spirito è appannaggio di pochi, perché la maggioranza predilige altro. Cosa? Ma lammerda, chiaramente.
Chiosa populista anti-sistema
E allora sorbiamoci stammerda nell’anno radiofonico 2016-17. Abbandoniamo la ricerca, l’innovazione, la sperimentazione sotto la guida del lungimirante Carlo Conti, uno che guarda talmente tanto lo specchietto retrovisore che non si è accorto di avere investito il buonsenso spiaccicandoselo sul parabrezza. Non usiamo le preselezioni dell’autoradio -tranne per la benemerita Isoradio, quella non si tocca- ché tanto le emittenti sono tutte uguali, private e pubbliche. E ringraziate chi ha avuto l’idea di infilare il canone in bolletta, perché altrimenti da parte mia e di molti altri come me, a giudicare dalle reazioni raccolte qua e là, non avreste beccato nemmeno mille lire.